iHostage: Un thriller deludente che non riesce a evocare emozioni autentiche

Ilian, un cittadino bulgaro, si trova ad Amsterdam per motivi lavorativi. Dopo aver preso possesso della sua stanza in un ostello, si accorge di aver smarrito i suoi AirPods sul treno. Deciso a rimediare, si dirige verso un Apple Store per acquistarne un nuovo paio. Tuttavia, proprio mentre si trova nel negozio, la sua vita subisce un’improvvisa e drammatica svolta: fa la conoscenza di Ammar, un assalitore armato di origini siriane.

LA SITUAZIONE IMPREVISTA

Nella pellicola iHostage, disponibile su Netflix, l’assalitore riesce a prendere in ostaggio Ilian, mentre altri quattro clienti riescono a trovare riparo in una stanza segreta al piano terra. Le forze dell’ordine scattano immediatamente: la situazione viene affidata a Lynn, un’esperta negoziatrice, mentre Winston viene incaricato di gestire gli eventi sul campo. Con il passare delle ore, la situazione diventa sempre più tesa e Ilian si ritroverà coinvolto negli eventi cruciali dell’operazione di salvataggio.

TRA FANTASIA E REALTÀ

La trama di iHostage si basa su un vero fatto di cronaca avvenuto ad Amsterdam nel 2022. Tuttavia, l’adattamento cinematografico sembra seguire uno schema piuttosto prevedibile, senza riuscire a trovare una voce distintiva. Il risultato è un film che, pur gestendo una premessa intrigante, non riesce mai a sorprendere; le mosse nella "partita a scacchi" tra il criminale e le forze dell’ordine risultano abbastanza scontate.

PERSONAGGI SENZA PROFONDITÀ

Uno dei principali limiti del film è l’incapacità di dare vita ai personaggi. I protagonisti non riescono a uscire dallo schermo, risultando piatti e bidimensionali, il che rende difficile per il pubblico empatizzare con le possibili vittime della situazione. Anche le motivazioni di Ammar sono appena accennate, mancando di sviluppo e complessità. L’intera esperienza si conclude in una narrazione che, senza cuore ed emozioni, lascia lo spettatore piuttosto indifferente.

L’ANALISI DEL PROTAGONISTA

Ilian è pensato per essere la figura con cui il pubblico dovrebbe identificarsi. Tuttavia, la sua storia viene raccontata in modo superficiale. Sappiamo che è all’estero per guadagnare qualche soldo extra e per pagare l’anticipo della casa nuova, oltre a essere affetto da una malattia cardiaca, con una moglie ad attenderlo nel suo paese natale. Purtroppo, queste informazioni vengono presentate senza il minimo coinvolgimento emotivo, rendendo il tutto tedioso.

UNA MESSA IN SCENA DELUDENTE

La tragedia intrinseca nella sceneggiatura e nei fatti reali viene ridotta a una messa in scena essenziale, dove i personaggi secondari paiono solo delle figurine che appaiono in primi piani e tornano utili solo nei momenti di bisogno. Questo porta a un finale concitato ma allo stesso tempo statico, dove le tensioni accumulate nel corso della pellicola sfumano senza un adeguato rilascio.

L’ESPERIENZA REGISTICA

Il regista Bobby Boermans, co-autore della sceneggiatura, non riesce a generare la suspense necessaria a un racconto di questo tipo. Il risultato finale è un film che, invece di tenere con il fiato sospeso lo spettatore, risulta piatto e privo di colpi di scena, lasciando tutti in attesa di una svolta che non arriva mai.

CONSIDERAZIONI FINALE

L’episodio reale su cui si basa la pellicola aveva il potenziale per risultare coinvolgente, ma iHostage non è riuscito a trovare la chiave di lettura giusta. L’adattamento di un evento che ha tenuto col fiato sospeso la città di Amsterdam non riesce a riprodurre la stessa intensità sullo schermo. Mentre le forze di polizia circondano l’Apple Store e la negoziatrice tenta di comunicare con l’assalitore, le motivazioni di quest’ultimo rimangono troppo vaghe e poco esplorate.

UNA NARRAZIONE SENZA EMOZIONI

In conclusione, iHostage si presenta come un film che fatica a trasmettere emozioni e tensione, lasciando lo spettatore insoddisfatto e in attesa di un finale che rimane incredibilmente freddo e distante. La combinazione di un sequestratore, di un ostaggio principale e di alcuni potenziali aiuti a pochi metri da distanza viene gestita in modo così superficiale da perdere gran parte dell’intensità e della drammaticità proprie di tali situazioni, trasformando quello che avrebbe potuto essere un thriller emozionante in un’esperienza cinematografica dimenticabile.

ARTICOLI COLLEGATI: