"Havoc: un’azione natalizia che delude tra violenza e vendetta"

UN NATALE SOTTO SEGNO CRIMINALE: HAVOC SU NETFLIX

A Natale, ci si aspetta un clima di pace e unione, ma non è così per i personaggi di Havoc, la nuova esclusiva di Netflix diretta dal talentuoso regista gallese Gareth Evans. Iconico per i suoi action-movie rivoluzionari come il dittico di The Raid, Evans sembra qui prendere una direzione diversa, allontanandosi dall’energia travolgente delle sue precedenti opere.

UN APPROCCIO PIÙ CLASSICO

Nel suo ultimo lavoro, Evans adotta un approccio più occidentale e tradizionale, mettendo in primo piano atmosfere crime che oscurano il ritmo vivace che ha caratterizzato il suo cinema fino a oggi. Pur mantenendo delle sequenze d’azione, il film si fa portavoce di tematiche più complesse e oscure, spostando il focus dall’azione frenetica verso un tono da neo-noir. Questa scelta introduce un ritmo narrativo differente, creando un mix di tensione e introspezione.

LA TRAMA CENTRALE

In Havoc, il protagonista è Patrick Walker, interpretato da un intenso Tom Hardy. Walker è un detective tormentato, alle prese con un passato pieno di errori e un presente drammatico, dove la sua vita è in frantumi. La storia si colloca nei giorni che precedono il 25 dicembre e ruota attorno a un affare di cocaina che precipita in un caos inaspettato, coinvolgendo il figlio di un sindaco corrotto.

La situazione si complica ulteriormente quando un gangster cinese arriva in città, cercando vendetta per la morte del suo primogenito, legato all’affare finito male. Questo evento dà il via a un conflitto aperto tra diverse fazioni, seminando disordine e violenza.

LA VIOLENZA CHE RUGGISCE

La pellicola non si tira indietro nel mostrare una violenza cruda e spietata, con scene che spaziano da scontri sanguinosi in strade affollate a sparatorie violente in discoteche e ospedali abbandonati. La resa dei conti finale, ambientata in una baita innevata, è un climax di tensione, ma solleva anche interrogativi.

Nonostante l’abbondanza di azione, il film sacrifica in parte i combattimenti corpo a corpo, storicamente uno dei punti forti del regista. In questo contesto, la presenza scenica di Hardy crea aspettative che, purtroppo, non vengono completamente soddisfatte.

UN INTRECCIO COMPLESSO MA CONFUSO

Con il passare del tempo, la trama di Havoc diventa sempre più intricata, perdendo di vista l’interesse per i personaggi, sia buoni che cattivi. L’idea di grigiore morale è accentuata, evidenziando come il denaro e l’egoismo influenzino ognuno dei protagonisti. Questa mancanza di saggezza nel delineare i personaggi porta a una visione superficiale delle loro motivazioni.

UNA MANCANZA DI PROFONDITÀ EMOTIVA

Uno degli aspetti che risultano indeboliti nel film è la profondità con cui i personaggi vengono esplorati. Nonostante l’intensità delle loro esperienze, l’opera fatica a dare un’anima e un cuore a questo gioco criminale, risultando non più di un compitino ben fatto ma blandamente conforme a stereotipi già visti.

RIFLESSIONI FINALE SU HAVOC

Havoc dimostra indubbiamente il talento di Gareth Evans nel gestire scene d’azione brutale e coreografata con maestria. Tuttavia, il tentativo di allinearsi a una narrativa occidentale sembra aver compromesso parte della sua firma distintiva. Le sequenze d’azione appariranno meno ispirate rispetto alle sue opere precedenti, dando vita a un’esperienza cinematografica che, pur solida e ben realizzata, si sente stagnante e priva di freschezza.

Nonostante un cast affiatato e un’ambientazione intrigante, il film s’inscrive in un paradigma narrativo già collaudato, perdendo in energia e spessore emotivo. L’atmosfera cupa di Havoc lo rende un thriller di azione natalizio che, pur non risultando noioso, non riesce a entusiasmare come ci si aspetterebbe.

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